Trolls 3 – Tutti Insieme

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Dom 3/12 ore 15.00
Dom 10/12 ore 15.00

Un film di Walt Dohrn, Tim Heitz.
Animazione, durata 92 min. – USA 2023

“Trolls 3 è un divertente inno alla follia”

Come spesso capita alla Dreamworks il terzo film di una saga animata è quello della follia al galoppo. Trolls era nato come una specie di strano ibrido, l’ennesimo caso di adattamento di una linea di giocattoli in film (le bambole troll con capelli sparati in testa), che era diventato un storia camp per bambini. L’adattamento seguiva tutte le tappe del film Dreamworks (che quando vuole sa essere più prevedibile, classica e convenzionale di Disney stessa) ma era disegnato, animato e colorato con una gran passione per il kitsch e per le queer comedy, quelle che decenni fa erano cinema underground (Priscilla, Il vizietto e ancora più indietro i film di John Waters come Hairspray) e ora invece sono portate in superficie, addirittura nel cinema per famiglie per antonomasia. Nel primo film il mix era molto buono e fondato sulla musica. Il sequel creava una specie di mondo fantasy in cui i diversi regni erano diversi generi musicali e lo faceva perdendo molta della follia del precedente.
Ora Trolls 3 – Tutti insieme recupera l’unione tra noto e folle. La storia è quella dei protagonisti, la coppia al centro di tutto, che scoprono di avere dei fratelli, cioè l’espediente più semplice e abusato per ampliare il cast e creare nuove avventure. In particolare la famiglia del protagonista (doppiato da Justin Timberlake in originale) si scopre essere stata una boy band poi sciolta. Un momento di meta cinema in cui Justin Timberlake (che è anche produttore del film) dà la voce a un personaggio che canta in una boy band che cita quella di cui faceva parte lui, cioè gli NSYNC.
E poi sempre più giù nella tana del bianconiglio ci sono dei villain (fratello e sorella anche loro) che fanno musica rubando la voce e il talento ai troll, e per questo vanno fermati, che vivono in un mondo disco, in cui tutto sembra fatto di plastica lucida e morbida, opposta al feltro e alla lana che domina il mondo dei troll. Perché l’altra assurdità è che guardando Trolls 3 si ha l’impressione che in questo terzo film, anche più che negli altri, la cosa più importante sia il materiale di cui sono fatte le cose. Anche se è un film d’animazione quindi non esistono materiali, è tutto disegnato o meglio realizzato in computer grafica.
È evidente quanto lo sforzo maggiore di design sia andato nel rendere la qualità tessile dei personaggi e delle loro casette, la gomma morbida del mondo dei cattivi o il vetro delle loro prigioni (sì, c’è anche questo) senza contare il glitter, il cotone e il caramello. E in mezzo a tutto, come se non bastasse l’assurdo, c’è una scrittura in cui come lampi arrivano concetti complicati. Come quando uno dei buoni si fa prendere dalla musica che fanno i cattivi e nel momento in cui gli viene fatto notare risponde: “È difficile separare l’arte dall’artista!”.
Ovviamente c’è un filo logico nel film, c’è un’avventura e come detto è anche abbastanza convenzionale se la si guarda nei suoi elementi basilari, Trolls 3 non è un film sperimentale ma anzi facile da seguire. Ma è chiaro anche che quella storia interessa poco al film stesso che non vive della trama quanto della rapidità, dei colori e degli affiancamenti visivi arditi. È in un certo senso la negazione dei principi base dei rivali storici della Dreamworks, cioè la Pixar, che ha sempre fatto film d’animazione (e continua a farli) credendo nel mantra della sceneggiatura. La storia viene prima di tutto per la Pixar, quello è il piano regolatore sul quale costruire i film. Invece Trolls 3 è come Madagascar 3 o Dragon Trainer 3 o ancora Hotel Transylvania 3 (che però è della Sony Picture Animation), è un film che ha senso per la maniera in cui musica e immagini vengono assemblate. L’importante è l’effetto che fanno più che quello che raccontano, o sono le cose diverse che è possibile mescolare in un grande pasticcio vitale, divertente e coinvolgente.
E tutto questo Trolls 3 lo fa affrontando il genere musicale più appropriato per la sua estetica, cioè la disco. Si passa dai Jackson 5 a tutti i classici fino alla disco moderna (quella del mondo dei cattivi), per concentrarsi sul sottogenere delle boy band anni ‘90. E quello è il ribaltamento più interessante. La musica delle boy bond era associata a un mondo di ragazzi belli ed etero dal forte sex appeal (che visto oggi non è poi lontanissimo dall’immaginario gay) all’epoca pensato a beneficio di un pubblico femminile. Il mondo dei belli e migliori, perfetto per essere commercializzato, diventa in Trolls 3 tutt’altro, cioè la colonna sonora di un universo queer in cui non ci sono migliori e peggiori, in cui personaggi senza forma oppure bruttissimi costituiscono la parte romantica, trovando la bellezza nella repulsione tanto quanto nell’attrazione. (Wired Italia)