Tracks – Attraverso il deserto

Sab 17/5 ore 20.30

Dom 18/5 ore 20.30

Lun 19/5 ore 20.30

Un film di John Curran. Con Mia Wasikowska, Adam Driver, Rainer Bock, Roly Mintuma, John Flaus.

 Drammatico, durata 112 min. – Gran Bretagna, Australia 2014.

“Il film esplora il reportage fotografico più del cuore di tenebra narrativo”

Robyn Davidson ha venticinque anni e un progetto folle: attraversare a piedi il deserto centrale australiano, da sola. Da Alice Springs all’Oceano Indiano, camminerà per 2700 kilometri, in compagnia di tre cammelli e del suo cane Diggity. Dopo un paio d’anni di preparazione, passati a prendere confidenza con gli animali e ad indurirsi i piedi in vista della fatica, e dopo i saluti alla famiglia e ai pochi amici, nel 1977 Robyn dice no all’inazione e alla mancanza di concretezza che guida le vite di tanti suoi coetanei e muove i primi solitari passi, con la sponsorizzazione del National Geographic e l’accordo di incontrare periodicamente lungo la strada il fotografo Rick Smolan, per permettergli di documentare l’epica impresa.
Il regista John Curran, americano trasferitosi in Australia all’età del viaggio della protagonista, ispirandosi al reportage della Davidson sulla rivista internazionale e al bestseller che ne è seguito, spinge Mia Wasikowska “into the wild”, convinto, a ragione, che quell’esperienza di solitudine estrema possa avere ancora -e di più- un impatto significativo oggi, nel tempo della connessione perpetua e della socialità virtuale.
Fin dove la motivazione del viaggio resta inespressa e ignota (“A chi mi domanda: “Perché?”, io rispondo: “Perché no?”), esattamente come il cammino a venire, il film dispiega le sue carte migliori, lasciando intravedere la circumnavigazione di un cuore di tenebra, che però non avvicinerà mai veramente. Man mano, infatti, che il passare dei giorni avanza verso la perdita del conto, Tracks sembra soffrire di ciò che invece la sua protagonista non conosce, e cioè la paura dell’ignoto. Curran si preoccupa così di marcare le tappe con il ricorso a scampoli di eventi e di motivazioni psicologiche, che affondano nel tragico passato di Robyn, ma anche nel rischio di tesi. E il difetto (anche per eccesso) di scrittura, proprio nel racconto del personaggio di una scrittrice, non è l’unica contraddizione formale e sostanziale del film: basti pensare al peso riservato alla colonna sonora, melodica e insistente, che impedisce di fatto l’esperienza del silenzio, ancora una volta addomesticando il mistero che invece sbucava dal primo incontro con i cammelli e con la loro selvaggia vocalità.
Nonostante l’interesse di Curran si concentri evidentemente sulle belle riprese del paesaggio australiano e dell’attrice (impegnata, al contrario, nella finzione, a lamentare lo sguardo invasivo del fotografo che l’assiste), il regista centra l’obiettivo nel restituire la natura obbligatoriamente individuale dell’impresa: il film è tutto sulle spalle scottate ma resistenti della Wasikowska, che dà una prova di determinazione e talento -questa sì- coerentemente eccezionale.