Ritorno a Seoul

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Ven 26/5 ore 20.30
Sab 27/5 ore 20.30
Dom 28/5 ore 20.30
Lun 29/5 ore 20.30 VOS

Un film di Davy Chou. Con Ji-min Park, Kwang-rok Oh, Guka Han, Kim Sun-Young.
Drammatico, durata 117 min. – Francia, Cambogia 2022.

“Una perla cesellata nel minimalismo sentimentale, un film capace di commuovere senza retorica né speranza.”

Freddie ha 25 anni, da molto piccola è stata adottata da una coppia francese che l’ha cresciuta amorevolmente, ma per qualche recondito motivo le sue origini coreane rimangono per lei un nodo irrisolto. In maniera piuttosto fortuita è costretta a trasferire il suo viaggio da Tokyo a Seoul, luogo in cui non riuscirà a ignorare il richiamo delle sue radici e finirà per mettersi alla ricerca della sua famiglia biologica. Nel giro di anni, fatti di silenzio, freddezza e poi riavvicinamenti, Freddie prova a ricostruire i pezzi sparsi della sua identità, cercando di comunicare con un padre alcolizzato che non parla nemmeno la sua lingua e una madre che non vuole farsi trovare.
Freddie Benoit cammina a testa alta per le strade piovose di Seoul, sembra trafiggere spavaldamente gli occhi dei passanti con il suo sguardo freddo, quando in realtà si sta guardando dentro, sta fissando il vuoto che lentamente la inghiottisce. Nemmeno lei ha idea di come sia possibile tentare di colmare questo vuoto, viene da chiedersi se l’effettivo ricongiungimento con i genitori biologici e con le sue radici perdute sia abbastanza. Forse, semplicemente ci sono persone piene e persone vuote, e Freddie fa parte delle seconde.
Ma non può fare a meno di sentirsi così, come un buco nero ambulante che annienta tutto ciò che tocca, e se niente può davvero appagarla allora non vale neanche la pena tentare di creare legami durevoli o condividere qualcosa con qualcuno. Come l’ultima bufera invernale spazza via tutti i bucaneve che timidamente cercano di bucare il manto nevoso, Freddie sopprime ogni relazione o rapporto che richieda un minimo di amore e pazienza. La sua vita sembra come in pausa, Freddie si lascia vivere, errando, osservando, sbagliando e facendo finta di divertirsi mentre attende una risposta della sua madre biologica, che nella sua psiche straziata si presenta come l’unica possibile speranza di rinascita.
Come il Boccadoro di Herman Hesse, ossessionato dall’assenza della figura materna che lui eleva nei suoi deliri a madre-natura e senso ultimo dell’arte, Freddie Benoit proietta nel feticcio assente della madre biologica tutto l’amore che non ha, tutte le persone che non sarà mai, il doppelganger opposto della sé stessa che proprio non riesce ad amare.
Davy Chou, filtrando la sua stessa esperienza di immigrato, compone un meraviglioso ritratto giocato sulla riduzione e sul minimalismo emotivo, che ha l’incredibile pregio di risultare toccante e illibato pur essendo imbevuto di un’irrimediabile disperazione di fondo.
In un panorama cinematografico ma non solo, che fa dell’ottimismo e della politica del lieto fine la sua cifra, Davy Chou ci mette davanti all’incapacità di risolvere certi nodi identitari o dissidi, senza neanche suggerire una via per poterci convivere: questa è la vera grandezza di Retour a Seoul, riesce ad essere vero senza rinunciare alla delicatezza e alla sensibilità.
Tuttavia, anche nei suoi esiti più struggenti ed emotivamente destabilizzanti, Chou ha il pregio di riuscire a donare compattezza e spessore drammatico all’opera, attraverso una sapiente gestione del ritmo, che per quanto composito si mantiene sempre coinvolgente.
Davy Chou con la sua finezza sentimentale e il suo stile, si conferma sempre di più un astro nascente del panorama cinematografico internazionale. (mymovies)