RUGGINE

"Indagine lucida su quanto accade quando la violenza 'arrugginisce' la vita delle persone."
Nord Italia. Fine anni Settanta. Estate. Alla periferia di una città in un quartiere abitato da immigrati del sud e e del nord est un gruppo di ragazzini, capitanati dal siciliano Carmine ha costituito come proprio dominio il Castello, due vecchi silos arrugginiti. Nel quartiere giunge un nuovo medico condotto, il dottor Boldrini. Il suo atteggiamento aristocratico intimorisce un po' gli abitanti i quali lo temono e lo ammirano al contempo. I bambini scopriranno un suo terribile segreto ma avranno timore di non essere creduti nel momento in cui dovessero raccontarlo agli adulti. Oggi Carmine, Sandro e Cinzia sono tre adulti su cui quel passato ha lasciato dei segni profondi. Daniele Gaglianone prosegue il suo percorso caratterizzato dal rifuggere dal facile successo e dall'indagine su quanto accade quando la violenza, esplicita o celata che sia, irrompe nelle vite delle persone imprimendovi il suo marchio indelebile. Lo fa con uno stile visivo complesso che interrompe l'impressione di realtà grazie a sfocature o a neri improvvisi che costringono lo spettatore a staccarsi dall'azione per concedersi un, seppure breve, spazio di riflessione. Se si vuole trovare un difetto a Ruggine lo si può individuare nell'ampio tempo che si concede prima di entrare in situazione ma forse anche questo, nell'ottica d'insieme, finisce con il divenire funzionale. Perché Gaglianone chiede disponibilità allo spettatore. Una disponibilità anche a farsi bambino e quindi a comprendere che la caratterizzazione di un sempre più raffinato Filippo Timi nel ruolo del dottor Boldrini ‘deve' essere esasperata. Per quei bambini di un'epoca in cui l'immaginario collettivo non era ancora stato pervaso da miliardi di stimoli visivi quotidiani, il dottore è un Uomo Nero delle fiabe. É quel drago che un Sandro divenuto padre materializzerà sotto forma di gioco con il figlio, che Carmine continuerà a cercare di uccidere dentro di sé e che Cinzia proverà a combattere, consapevole che ha assunto forme diverse. Magari quelle di due colleghi del Consiglio di classe in sede di scrutinio incapaci di leggere le difficoltà di un'alunna forse abusata in famiglia ma vista invece con lo sguardo malato di una società che si ferma all'aspetto fisico e si ritrova succube di pulsioni inconfessate che pubblicamente deplora. Un suggerimento: non lasciate la sala appena iniziano i titoli di coda. La ruggine non ha ancora smesso di corrodere lo schermo e l'animo dei protagonisti. - Giancarlo Zappoli (mymovies.it)

Daniele Gaglianone, al suo quarto film, ambienta la sua storia in una periferia degradata del Nord Italia popolata da migranti meridionali. Un gruppo di bambini ha eletto come suo quartiere generale una vecchia cava abbandonata, dove la ruggine corrode la ferraglia lasciata in disuso; divenuti adulti, quei bambini dovranno fare i conti con quella stessa ruggine: la ruggine che “non dorme mai”, che deforma e corrompe il passato, effigiato da un’inquietante figura. E chi meglio delle Luci Della Centrale Elettrica (Mararock 2011) per sottolineare con musica dissonante e clangori metallici l’atmosfera della pellicola? Il gruppo, fortemente voluto dal regista, contorna e suggella il film con il brano inedito “Un campo lungo cinematografico”, dove Vasco Brondi si avvale dei cori della voce femminile dei Baustelle Rachele Bastreghi. - Marco Sottoriva (cinema campana - mararock)


RUGGINE

Un film di Daniele Gaglianone.

Con Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Valeria Solarino, Giampaolo Stella.

Drammatico, durata 109 min.

Italia, 2011