Un film di Dean Fleischer-Camp.
Commedia, durata 90 min. – USA 2021.
“Un buffo film tra animazione in stop-motion e riprese dal vero. Su una mezza conchiglia che ha qualcosa del primo Tim Burton.”
Marcel è una creatura minuscola e strana: una conchiglia con un occhio di plastica, una bocca disegnata e scarpe da ginnastica ai piedi. Non è più grande di una noce e vive in una casa gigantesca con la nonna Connie, anche lei una mezza conchiglia, solo un po’ più grande. Marcel si racconta alla camera di Dean, un regista che ha affittato su Airbnb la casa, un tempo abitata da una coppia poi separatasi: parla di sé, delle sue idee, dei suoi giochi, dei suoi piccoli stratagemmi per mangiare e divertirsi. Dopo aver caricato su internet alcuni video, Marcel diventa una celebrità e non crede ai suoi occhi quando gli autori dell’adorato programma 60 Minutes lo contattano per esaudire il suo sogno: ritrovare la sua famiglia (cioè altri piccoli esseri animati ricavati da conchiglie o noccioline) e tornare a vivere in una comunità.
A produrre il film, che gli stessi Fleischer-Camp e Jenny Slate hanno realizzato (lui alla regia, entrambi alla sceneggiatura con Nick Paley, lei a dettare il tono del racconto donando la sua voce a Marcel e lui a farle da spalla nella parte di sé stesso), è la A24, casa di produzione americana da tempo sinonimo di produzioni raffinate ma capaci di solleticare l’industria hollywoodiana, come dimostrano le 18 nomination raccolte ai prossimi Oscar, compresa naturalmente quella per lo stesso Marcel the Shell per il miglior film d’animazione.
Basta questo – più l’esperienza della Slate come stand-up comedian e ospite del Saturday Night Live – a fare di questo piccolo film che mischia animazione in stop motion e riprese dal vero un prodotto tipicamente indie, newyorchese e pseudo-intellettuale. Quasi un film di Spike Jonze, con le medesime assurdità trattate con impassibile realismo, calato in ambienti mumblecore, domestici e arty, e a metà tra il mockumentary e lo studio di carattere.
La cosa più simile a Marcel the Shell è un film d’animazione dello Studio Ghibli curiosamente contemporaneo alla prima apparizione della conchiglietta con le scarpe, Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento (2010), che portava magicamente nel mondo in miniatura di piccoli esseri umani all’interno di una (ai loro occhi) gigantesca casa di campagna. Se in quel caso l’estetica era quella tipica del mondo di Miyazaki, in Marcel il riferimento di Fleischer-Camp e Slate (coppia anche nella vita) è piuttosto la casa bambola o la teca da museo di miniature, a cui la buffa presenza di Marcel dona un tocco di surrealtà.
Il film è costruito come un lungo dialogo di Marcel al regista che lo filma, una confessione che svela la natura peperina di essere ingegnoso (si muove all’interno delle case entrando in una pallina da tennis, intreccia i peli trovati nella doccia per costruire corde, usa il frullatore per scuotere i rami di un pesco e farne cadere i frutti…), con la vocina dolce e petulante, con pensieri da bambino curioso a proposito di temi universali come la solitudine, l’abbandono, la paura della morte, la necessità di vivere in comunità, l’affetto per chi lo ama da sempre (la nonna Connie, in originale doppiata da Isabella Rossellini) e per chi forse lo aspetta da qualche parte.
Il segreto del successo di Marcel – ricostruito anche nel film, quando i filmati di Dean caricati su YouTube diventano virali – risiede nella natura stessa della mezza conchiglia, che aderisce al tipico gusto social per le carinerie stralunate e offre una visione del mondo a metà tra il disincanto, il disadattamento e la purezza. C’è del resto qualcosa del primo Tim Burton nel piccolo freak Marcel, così simile nella sua innocenza al piccolo e sfortunato bambino-ostrica…
Il problema del film è la difficoltà a reggere l’ora e mezza di durata, una volta passata l’iniziale curiosità per Marcel e per il suo universo che pare saltato fuori da un film di Wes Anderson girato però con lo stile del primo Baumbach. Le richieste dello show business hanno spinto i due autori a costruire un lungometraggio attorno alla loro piccola creatura, migliorando la qualità dell’animazione e resistendo alla tentazione di banalizzare i contenuti (a meno di non considerare la coolness indie come un vezzo di maniera): ma il mondo degli umani resta comunque troppo grande per il piccolo Marcel, il quale, poverino, non sa calcolare il tempo in base ai minuti (lo fa in base alle stagioni, e non sa quantificarlo) e forse per questo finisce per perdersi – e noi con lui – nell’ora e mezza complessiva. (MYmovies)