L’Uomo del Labirinto

Sab 9/11 ore 20.30
Dom 10/11 ore 20.30
Lun 11/11 ore 20.30

Un film di Donato Carrisi. Con Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè, Vinicio Marchioni, Caterina Shulha.
Thriller, durata 130 min. – Italia 2019.

“Una regia più matura, sicura e disinvolta per la seconda prova da regista dello scrittore Donato Carrisi.”

Sono passati 15 anni da quando uno sconosciuto ha rapito Samantha Andretti mentre tornava a casa da scuola. Allora Samantha aveva solo 13 anni: ora invece è una giovane donna che, sfuggita al suo carceriere, si ritrova nell’ospedale Santa Caterina con una gamba ingessata e una flebo infilata nel braccio. Accanto a lei il dottor Green è lì per aiutarla a ricordare, dato che una droga psicotica iniettatale dal rapitore le circola ancora nel sangue, alterandole la memoria. “Questo è un gioco?”, ripete Samantha. E in effetti quella che ha inizio è una caccia al tesoro, in cui a cercare il colpevole non è solo il dottor Green ma anche Bruno Genko, un investigatore privato in procinto di morire tormentato dal senso di colpa per non aver saputo salvare Samantha all’epoca del suo rapimento. Riusciranno a trovare il cattivo, di cui si sa solo che va in giro travestito da coniglio?
Questa volta la regia è più disinvolta, così come è più sicura la direzione degli attori: Toni Servillo, coprotagonista nel ruolo di Genko come lo era ne La ragazza nella nebbia, è qui più controllato e meno gigione, e Dustin Hoffman nei panni del dottor Green mette a frutto la sua lunga esperienza di interprete raffinato. Più caricati invece Valentina Bellè (Samantha) e alcuni comprimari, come Orlando Cinque (il poliziotto Bauer).
Anche per questa seconda regia Carrisi si circonda saggiamente di professionisti di mestiere, come Massimo Quaglia al montaggio e Federico Masiero, già responsabile di La ragazza nella nebbia, direttore della fotografia che curiosamente proviene soprattutto dalla commedia italiana popolare. Una nota di merito particolare va alla costruzione del sonoro, che crea effetti acustici percepibili in sala. Carrisi attinge ancora una volta a piene mani da tutto il cinema (e la serialità televisiva) di genere, in particolare quello di Dario Argento (la sequenza nella camera di Linda, l’estimatrice di unicorni, deve tutto al maestro del brivido), campiona Morricone, e assembla doviziosamente tutto l’immaginario pop che il grande pubblico apprezza. Il coniglio cattivo poi è un ovvio riferimento a Donnie Darko, anche se qui ha gli occhi a forma di cuore.
La storia è ben costruita e si lascia seguire ma, come nel film precedente, è spesso ridondante e molto concentrata sulla volontà di spiazzare lo spettatore, aggiungendo anche un colpo di coda finale che dà il via ad una doppia lettura di tutta la vicenda precedente. La struttura labirintica della narrazione, legittimata fin dal titolo, può affascinare ma anche confondere, e crea un effetto straniante che è consono alla storia, ma mette a dura prova chi tenta di seguire le contorsioni della trama. E la tecnica registica rischia di apparire più di maniera che di stile.
La chiave di lettura più interessante riguarda i cosiddetti “figli del buio” (al punto che poteva essere quello il titolo della storia), ovvero i bambini rapiti traumatizzati dall’esperienza, e portati a perpetuare all’infinito (come in un labirinto che “non ha inizio e non ha fine”) il loro trauma. Ma Carrisi è troppo impegnato ad accendere fuochi d’artificio per esplorare in profondità le tematiche più impegnative, accontentandosi della sua consumata abilità di costruttore di incastri e di suggeritore di incroci. (mymovies)