I villeggianti

Sab 23/3 ore 20.30
Dom 24/3 ore 20.30
Lun 25/3 ore 20.30

Un film di Valeria Bruni Tedeschi. Con Valeria Bruni Tedeschi, Pierre Arditi, Valeria Golino, Noémie Lvovsky, Yolande Moreau.
Drammatico, durata 125 min. – Francia, Italia 2018.

“Il ritratto sincero e appassionato di una molteplicità di solitudini che insegue senza sosta la salvezza.”

Autobiografia immaginaria. Piace, a Valeria Bruni Tedeschi, questa definizione del suo cinema, e di questo nuovo I villeggianti in particolare. Piace perché è evidente che dentro il film ci sia molto della sua vita, a partire da familiari e amici che ha messo nel cast; e perché è chiaro che nel tentativo di elaborare il lutto della sua separazione da Louis Garrel attraverso il suo lavoro, da regista, sceneggiatrice e attrice ha voluto comunque creare, divagare, giocare col cinema con quella leggerezza svagata e colta che gli è propria.
In I villeggianti Valeria si chiama Anna, che come lei è una regista, e che alla vigilia della partenza per le vacanze nella bella villa della Costa Azzurra della sua famiglia – dove incontrerà madre, sorella, zie e amici vari,e la servitù ovviamente, in un andirivieni di personaggi, in una sarabanda di parole, in una giostra di stati d’animo e di nevrosi coccolate ed esibite, e fin troppo reiterate da tutti i personaggi – viene piantata dal suo compagno.
Che si parli di quello, di una separazione, di un divorzio, viene esplicitato dalla Bruni Tedeschi fin dall’esergo.
Che quello lì sia un lutto, è chiaro dal fatto che pur essendo vitalissimo, e a suo modo perfino gioioso, e tutt’altro che privo di momenti che spingono alla risata, I villeggianti è un film che parla comunque di morte (quella del fratello della protagonista, quella di un’amica storica della mamma di Anna) e di fallimenti (quello del cognato di Anna, finanziario, e quello sentimentale di molti personaggi) e di decadenza (quella della villa).
Però – lo dice il personaggio di Noémie Lvovsky, sceneggiatrice nel film e del film – I villeggianti non poteva essere un film che si chiude su una morte, o sulla morte. Doveva essere un film che spingeva ad abbracciare la vita.
E quindi ecco che è una commedia, magari un po’ sgangherata, una versione aristo-chic dell’ultimo Muccino (anche qui una vicenda corale e familiare in un contesto vacanziero e isolato), dove alla vitalità sguaiata di noi italiani si mescola quella più nonchalante e acida dei fracesi.
È un film sincero ma costruito, libero ma sempre consapevole (anche delle sue derive meno azzeccate), capace di ridere del suo dolore, che sceglie di chiudersi nella nebbia del cinema, tra un fallimento reale e una vittoria che, se pur immaginaria, comunque spinge verso il futuro. (comingsoon)