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Un film di Walter Veltroni.
Documentario, durata 117 min. – Italia 2014.
“Pur indugiando in un’esibita poeticità, Veltroni si pone la domanda più giusta per parlare di Berlinguer”
Enrico Berlinguer ricostruito attraverso immagini di repertorio e interviste a chi l’ha conosciuto, ha vissuto e lavorato al suo fianco. Con poco riguardo per la vita personale e una marcata attenzione per la vita professionale viene ricostruito il percorso che l’ha reso il leader più amato del suo partito, un simbolo di rettitudine politica, un modello stimato anche dalle parti opposte dello schieramento.
Quando c’era Berlinguer si pone la più giusta tra tutte le domande che occorre porsi parlando di Enrico Berlinguer oggi: com’è possibile che in un certo punto della storia italiana la morte di un politico abbia scatenato un’adunata di massa senza precedenti e una commozione generale autentica e struggente?
Walter Veltroni lo fa nonostante non faccia mistero che per se stesso questo non è mai stato un mistero. Nel suo documentario infatti non manca di inserire la propria voce fuoricampo, di rimarcare la maniera in cui la propria storia politica (agli inizi) si sia sovrapposta con quella di Berlinguer e di indicare se stesso nei filmati di repertorio. Veltroni insomma non si nasconde ma apertamente cerca di spiegare Berlinguer a chi non l’ha vissuto e in questo senso l’inizio molto ruffiano con un montaggio di persone comuni, ragazzi e adulti a cui viene chiesto chi fosse Berlinguer e che rispondono con un misto di ignoranza e conoscenza dell’uomo, è abbastanza indicativo.
Potendo attingere ad un bacino di testimonianze e persone vicine a Berlinguer impressionante (si va dal massimo del personale come la figlia, la scorta e gli operai a lui vicini, al massimo dell’istituzionale come il Presidente della Repubblica in carica fino al massimo del promozionale con Jovanotti, unico testimone a non aver conosciuto nè il personaggio nè la lotta politica in questione) Quando c’era Berlinguer sceglie di costruire mediaticamente l’identità del più noto leader del partito comunista in Italia come una superstar della politica, un leader vincente. Partendo con i numeri dei trionfi e passando per il ribellismo, dipinge Berlinguer principalmente come un ribelle, un innovatore solitario, coraggiosissimo, capace di ribellarsi al soviet, di negare moltissimi assunti fondamentali del comunismo e di farlo senza perdere nemmeno un voto, anzi aumentando in maniera impressionante il proprio seguito.
Nel cercare di arrivare al proprio obiettivo però il film indugia spesso compiaciuto sulla commozione di chi parla, non risparmia colpi bassi e cadute di stile, concedendosi diversi momenti di “poesia” per immagini. Vecchie pagine di L’Unità che rotolano al vento nella piazza deserta con panoramica a salire che si scioglie nelle immagini di repertorio, campi assolati e musiche struggenti, Quando c’era Berlinguer non vuole solo conquistare la testa del suo pubblico, vuole anche la pancia ma (a parte chi già ha un pregiudizio sentimentale nei confronti del personaggio o dell’epoca in questione) è difficile che la ottenga con quest’abuso di esibito compiacimento sentimentale. Perchè dietro ogni momento smielato compare l’ombra dell’autore, il suo nome e la sua storia ingombranti che a tratti escono anche nelle interviste (più di un intervistato lo chiama per nome) e che sono parte del rimosso maggiore di questo film che rievoca il passato mancando sempre di inscrivere in esso il rapporto che stringe con l’attualità. (mymovies.it)
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